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ANGELO MAZZA

265 ii
N
ON tacque: ancor la sacra aura giudea

Piena è del canto del pastor scettrato,
               E la fida a Mosè spiaggia eritrea
               4Suona l’egizio memorabil fato.
          Non tacque; e del futuro il vel fendea
               D’inni celesti ’l vaticinio alato,
               A cui dinanzi in lucid’ombre ardea
               8Il mistero da’ secoli velato.
          Qual destin fe’ ribelle arte a natura?
               Chi l’un genio dall’altro oggi ha diviso,
               11Che il fattor s’obbliò per la fattura?
          La vergine dicea: stavale in viso
               L’anima offesa della rea ventura,
               14L’anima armonizzata in paradiso.


266 iii
D
OPO le tante vigilate e sparte

Rime che stanco avrian forse l’ingegno
               Qual è più destro per salire al segno
               4Ond’uom da volgar turba si diparte;
          S’io meritai di te, sacrando in carte
               Arduo lavoro di memoria degno,
               Vergine, e corsi di tue laudi il regno,
               8Quello correndo della music’arte:
          Deh, quando, aperto il carcer che mi serra,
               Vedrommi sotto il piè Cirra, Elicona
               11E ’l livor macro ch’ivi a’ buon fa guerra;
          Dammi ascoltar la melodia che suona
               In ciel sì dolce, e, qual non bramo in terra,
               14Quivi d’eterni rai cinger corona.

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