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GIUSEPPE PARINI
Ei t’era ignoto ancor quando a me piacque.
Io di mia man, per l’ombra e per la lieve
Aura de’ lauri, l’avviai ver l’acque
64Che al par di neve
Bianche le spume, scaturir dall’alto
Fece Aganippe il bel destrier che ha l’ale:
Onde chi beve io tra i celesti esalto
68E fo immortale.
Io con le nostre il volsi arti divine
Al decente, al gentile, al raro, al bello:
Fin che tu stessa gli apparisti al fine
72Caro modello,
E, se nobil per lui fiamma fu desta
Nel tuo petto non conscio, e s’ei nodria
Nobil fiamma per te, sol opra è questa
76Del cielo e mia.
Ecco già l’ale il nono mese or scioglie
Da che sua fosti, e già, deh, ti sia salvo!
Te chiaramente infra le madri accoglie
80II giovin alvo.
Lascia che a me solo un momento ei torni;
E novo entro al tuo cor sorgere affetto,
E novo sentirai dai versi adorni
84Piover diletto.
Però ch’io stessa, il gomito posando
Di tua seggiola al dorso, a lui col suono
Della soave andrò tibia spirando
88Facile tono;
Onde rapito ei canterà che sposo
Già felice il rendesti, e amante amato;
E tosto il renderai dal grembo ascoso
92Padre beato.
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