Questa pagina è stata trascritta e formattata, ma deve essere riletta. |
FRANCESCO REDI
Scendon sïoni dall’aerea chiostra
Per rinforzar coll’onde un nuovo assalto
E per la lizza del ceruleo smalto
I cavalli del mare urtansi in giostra.
100Ecco, oimè, ch’io mi mareggio,
E m’avveggio
Che noi siam tutti perduti:
Ecco, oimè, ch’io faccio getto,
Con grandissimo rammarico,
105Delle merci prezïose,
Delle merci mie vinose,
Ma mi sento un po’ più scarico.
Allegrezza, allegrezza; io già rimiro,
Per apportar salute al legno infermo,
110Sull’antenna da prua muoversi in giro
L’oricrinite stelle di Santermo.
Ah! no, no, non sono stelle,
Son due belle
Fiasche gravide di vini:
115I buon vini son quegli che acquetano
Le procelle sì fosche e rubelle,
Che nel lago del cor l’alme inquietano.
Satirelli
Ricciutelli,
120Satirelli, or chi di voi
Porgerà più pronto a noi
Qualche nuovo smisurato
Sterminato calicione,
Sarà sempre il mio mignone;
125Nè m’importa se un tal calice
Sia d’avorio o sia di salice,
O sia d’oro arciricchissimo;
Purchè sia molto grandissimo.
306 |