Pagina:The Oxford book of Italian verse.djvu/252


ANNIBAL CARO

               60Quanta il mondo n’avrà letizia e pace!
          La sua gran Giuno in tanta altezza umile
               Gode de l’amor suo lieta e sicura;
               E non è sdegno o cura
               Che ’l cor le punga o di Calisto o d’Io.
               65Suo merto, e tuo valor, donna gentile,
               Di nome e d’alma inviolata e pura:
               E fu nostra ventura,
               E provvidenza del supremo Dio,
               Che ’n sì gran regno a sì gran re t’unio:
               70Perchè del suo splendore e del tuo seme
               Risorgesse la speme
               De la tua Flora, e de l’Italia tutta:
               Chè se mai raggio suo ver lei si stende,
               Benchè serva e distrutta,
               75Ancor salute e libertà n’attende.
          Vera Minerva, e veramente nata
               Di Giove stesso e del suo senno, è quella
               Ch’ora è figlia e sorella
               Di regi illustri, e ne fia madre e sposa.
               80Vergine, che di gloria incoronata,
               Quasi lunge dal sol propizia stella,
               Ti stai d’amor rubella
               Per dar più luce a questa notte ombrosa.
               Viva perla, serena e preziosa,
               85Qual ha Febo di te cosa più degna?
               Per te vive, in te regna,
               Col tuo sfavilla il suo bel lume tanto,
               Ch’ogni cor arde; e ’l mio ne sente un foco
               Tal, che io ne volo e canto
               90Infra i tuoi cigni, e son tarpato e roco.
          Evvi ancor Cintia, e v’era Endimïone:
               Coppia, che sì felice oggi sarebbe

252