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ANGELO DI COSTANZO

Sonetti

190 i 1507-†1591
C
IGNI felici, che le rive e l’acque

Del fortunato Mincio in guardia avete,
               Deh, s’egli è ver, per Dio mi rispondete,
               4Tra’ vostri nidi il gran Virgilio nacque?
          Dimmi, bella Sirena, ove a lui piacque
               Trapassar l’ore sue tranquille e liete
               (Così sian l’ossa tue sempre quiete),
               8È ver ch’in grembo a te, morendo, giacque?
          Qual maggior grazia aver dalla fortuna
               Potea? Qual fin conforme al nascer tanto?
               11Qual sepolcro più simile alla cuna?
          Ch’essendo nato tra ’l soave canto
               Di bianchi cigni, ai fin’in veste bruna
               14Esser dalle Sirene in morte pianto?


191 ii
Q
UASI colomba immacolata e pura,

Ohimè! così repente a Dio volasti,
               Spirto beato, e me cieco lasciasti
               4In questa valle di miseria oscura.
          Ma se ancor t’è rimasta alcuna cura
               Di quel padre che tanto in terra amasti,
               Cui non è sotto il ciel cosa che basti
               8A consolar di tanta aspra sventura,
          Quanto col sonno, già frate alla morte,
               L’anima afflitta, e nel dolor sepolta,
               11A gli altri sensi tien chiuse le porte,
          Del bel cerchio di latte alcuna volta
               Manda almen l’ombra tua, che mi conforte,
               14Ne’ chiari rai della tua gloria involta.


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