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FRANCESCO MARIA MOLZA
Chè questa con la vista umile e piana
64Ogni altra indegnità vi fa lontana.
Dunque duo altar su la più verde sponda,
Uno a Pomona, e a lei un altro alzate:
E quei conspersi pria di lucid’onda,
68Cantando il sue bel nome al ciel portate:
Tal ch’ogni antro d’intorno vi risponda,
E suoni il lito l’alta sua beltate:
U’ Damon co’ bei versi imiti Orfeo,
72E i Satiri saltando Alfesibeo.
Altri, nude le braccia orride e forti,
A lottar coraggioso si prepari:
Altri voi lauri e mirti assieme attorti
76(Poichè posti in tal guisa arabi e cari
Odor giungete a gli altri odori) apporti,
E fiori mieta amorosetti e rari:
Altri del fiume le sacre onde intatte
80A lei sparga di caldo e puro latte.
In dieci pomi di fin oro eletto,
Ch’a te pendevan con soave odore,
Simile a quel che dal tuo vago petto
84Spira sovente onde si nutre amore,
Ti sacro umil: e se n’avrai diletto,
Doman col novo giorno uscendo fuore,
Per soddisfare in parte al gran disío,
88Altrettanti cogliendo a te gl’invio.
E d’ulivo una tazza, ch’ancor serba
Quel puro odor che già le diede il torno,
Nel mezzo a cui si vede in vista acerba
92Portar smarrito un giovinetto il giorno;
E sì il carro guidar, che accende l’erba
E sin al fondo i fiumi arde d’intorno:
Stolto, che mal tener seppe il viaggio
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