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LODOVICO ARIOSTO

               95Per sacra via trâr catenati i colli.
               Dell’altre piaghe ond’io son quasi morta,
               Forse sarei risorta;
               Ma questa è in mezzo ’l cor quella percossa
               Che da me ogni speranza n’ha rimossa. ’
               100Turbato corse il Tebro alla marina,
               E ne diè annunzio ad Ilia sua, che mesta
               Gridò piangendo: ‘ Or questa
               Di mia progenie è l’ultima ruina. ’
               Le sante Ninfe e i boscarecci Dei
               105Trassero al grido, e lagrimâr con lei.
          E si sentir nell’una e l’altra riva
               Pianger donne, donzelle e figlie e matri;
               E da’ purpurei patri
               Alla più bassa plebe il popol tutto;
               110E dire: ‘ O patria, questo dì fra gli altri
               D’Allia e di Canne ai posteri si scriva.
               Quei giorni che captiva
               Restasti, e che ’l tuo imperio fu distrutto,
               Non più di questo son degni di lutto. ’
               115Il desiderio, Signor mio, e ’l ricordo
               Che di te in tutti gli animi è rimaso,
               Non trarrà già all’occaso
               Sì presto il vïolente fato ingordo;
               Nè potrà far che, mentre voce e lingua
               120Formin parole, il tuo nome s’estingua.
          Pon questa appresso all’altre pene mie,
               Chè di salir al mio signor, Canzone,
               Sì ch’oda tua ragione,
               D’ogni intorno ti son chiuse le vie.
               125Piacesse a’ venti almen di rapportarli
               Ch’io di lui sempre pensi, o pianga o parli!

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