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LODOVICO ARIOSTO
Che qui mi serra, ignuda anima sciôrme,
E correr dietro all’orme
Delli tuoi santi piedi, e teco farmi
65Delle belle una in ciel beate forme;
Ch’io crederei, quando ti fossi dietro,
E insieme udisse Pietro
E di fede e d’amor da te lodarmi,
Che le sue porte non potría negarmi.
70Deh! perchè tanto è questo corpo forte,
Che nè la lunga febbre, nè il tormento
Che maggior nel cor sento,
Potesse trarlo a desïata morte?
Sicchè lasciato avessi il mondo teco,
75Che senza te, ch’eri suo lume, è cieco.
La cortesia e ’l valor che stati ascosi,
Non so in quali antri e latebrosi lustri,
Eran molti anni e lustri,
E che poi teco apparvero; e la speme
80Che ’n più matura etade all’opre illustri
Pareggiassero i Publi e Gnei famosi
Tuoi fatti gloriosi,
Sicchè a sentire avessero l’estreme
Genti ch’ancor viva di Marte il seme;
85Or più non veggio: nè da quella notte
Ch’agli occhi mi lasciasti un lume oscuro,
Mai più veduti fûro;
Chè ritornaro a loro antiche grotte,
E per disdegno congiuraron, quando
90Del mondo uscîr, tôrne perpetuo bando.
Del danno suo Roma infelice accorta,
Dice: ‘ Poichè costui, Morte, mi tolli?
Non mai più i sette colli
Duce vedran che trionfando possa
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