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LODOVICO ARIOSTO
ii
153 | Filiberta di Savoia |
in morte del marito Giuliano de’ Medici duca di Nemours
Del ciel fra le beate anime asceso,
Scarco del mortal peso,
Dove premio si rende a chi, con fede
5Vivendo, fu d’onesto amore acceso;
A me, che del tuo ben non già sospiro,
Ma di me che ancor spiro,
Poich’al dolor che nella mente siede,
Sopr’ogni altro crudel, non si concede
10Di metter fine all’angosciosa vita;
Gli occhi, che già mi fûr benigni tanto,
Volgi ora ai miei, che al pianto
Apron sì larga e sì continua uscita:
Vedi come mutati son da quelli
15Che ti soléan parer già così belli.
L’infinita ineffabile bellezza,
Che sempre miri in ciel, non ti distorni
Che gli occhi a me non torni;
A me, cui già mirando, ti credesti
20Di spender ben tutte le notti e i giorni:
E se ’l levargli alla superna altezza
Ti leva ogni vaghezza
Di quanto mai quaggiù più caro avesti,
La pietà almen cortese mi ti presti,
25Che ’n terra unqua non fu da te lontana;
Ed ora io n’ho d’aver più chiaro segno,
Quando nel divin regno,
Dove senza me sei, n’è la fontana.
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