Questa pagina è stata trascritta e formattata, ma deve essere riletta. |
LORENZO DE’ MEDICI
123 | vi |
Che quella candidissima man colse,
Qual pioggia o qual puro aer produr volse
4Tanto più vaghi fior che far non suole?
Qual rugiada, qual terra, ovver qual sole
Tante vaghe bellezze in vol raccolse?
Onde il soave odor natura tolse
8O il ciel ch’a tanto ben degnar ne vuole?
Care mie violette, quella mano
Che v’elesse tra l’altre, ov’eri, in sorte,
11V’ha di tante eccellenze e pregio ornate;
Quella che il cor mi tolse, e di villano
Lo fe gentile, a cui siate consorte;
14Quella adunque, e non altre, ringraziate.
124 | vii |
Del soave e dolce aere Pestano,
Veniam, Madonna, in la tua bianca mano
4Ma in aspre selve e valli ombrose côlti:
Ove, Venere afflitta e in pensier molti
Pel periglio d’Adon correndo in vano,
Un spino acuto al nudo piè villano
8Sparse del divin sangue i boschi folti.
Noi sommettemmo allora il bianco fiore,
Tanto che ’l divin sangue non aggiunge
11A terra, onde il color purpureo nacque.
Non aure estive o rivi tolti a lunge
Noi nutrit’hanno, ma sospir d’Amore
14L’aure son sute, i pianti d’Amor l’acque.
187 |