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LORENZO DE’ MEDICI

121 iv
L
ASCIA I’isola tua tanto diletta,

Lascia il tuo regno delicato e bello,
               Ciprigna dea; e vien sopra il ruscello
               4Che bagna la minuta e verde erbetta.
          Vieni a quest’ombra ed alla dolce auretta
               Che fa mormoreggiar ogni arbuscello,
               A’ canti dolci d’amoroso augello;
               8Questa da te per patria sia eletta.
           E se tu vien tra queste chiare linfe,
               Sia teco il tuo amato e caro figlio;
               11Che qui non si conosce il suo valore.
          Togli a Diana le sue caste ninfe,
               Che sciolte or vanno e senz’alcun periglio,
               14Poco prezzando la virtù d’Amore.


122 v
O
MAN mia soavissima e decora,

Mia, perchè Amor, quel giorno ch’ebbe a sdegno
               Mia libertà, mi dètte te per pegno
               4Delle promesse che mi fece allora:
          Dolcissima mia man, con qual indora
               Amor gli strali onde cresce il suo regno;
               Con questa tira l’arco, a cui è segno
               8Ciaschedun cor gentil che s’innamora:
          Candida e bella man, tu sani poi
               Quelle dolci ferite, come il telo
               11Facea, com’alcun dice, di Pelide.
          La vita e morte mia tenete voi,
               Eburnee dita, e ’l gran disio ch’io celo,
               14Qual mai occhio mortal vedrà nè vide.

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