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FAZIO DEGLI UBERTI
Fra loro un disìo dolce che gli appaga.
E la mia cruda piaga
Ognor crescendo par che mi consumi;
E farà sempre, fin che ’l dolce sguardo
60Non la risanerà d’un altro dardo.
Donne, donzelle e giovinette accorte
Rallegrando si vanno alle gran feste,
D’amore sì punte e deste,
Che par ciascuna che d’amor s’appaghi;
65Ed altre ancora in gonnellette corte
Giuocano all’ombra delle gran foreste,
Tanto leggiadre e preste,
Qual solean ninfe stare appresso i laghi;
E i giovinetti vaghi
70Veggio seguire e donnear con loro,
E tal or a danzare a mano a mano.
Ed io, lasso! lontano
Da quella che parrebbe un sol tra loro,
Lei rimembrando tale allor divegno,
75Che pianger fo qual vede il mio contegno.
Canzone, assai dimostri apertamente
Come natura in questa primavera
Ogni animale e pianta fa gioire,
Ed io son sol colui che la mia mente
80Porto vestita d’una veste nera,
In segno di dolore e di martire;
Poi conchiudo nel dire,
Che allor termineràn queste mie pene
Che ad occhio ad occhio rivedrò il bel volto.
85Ma vanne omai! ch’io ti conforto bene,
Ch’a ciò non starò molto,
Se gran prigione o morte non mi tiene.
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