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FRANCESCO PETRARCA

          Non come fiamma che per forza è spenta,
               Ma che per sè medesma si consume,
               162Se n’andò in pace l’anima contenta:
          A guisa d’un soave e chiaro lume
               Cui nutrimento a poco a poco manca,
               165Tenendo al fin il suo usato costume.
          Pallida no, ma più che neve bianca
               Che senza vento in un bel colle fiocchi,
               168Parea posar come persona stanca.
          Quasi un dolce dormir ne’ suoi begli occhi,
               Sendo lo spirto già da lei diviso,
               171Era quel che morir chiaman li sciocchi.
          Morte bella parea nel suo bel viso.


Capitolo II

L
A notte che seguì l’orribil caso

Che spense ’l Sol, anzi ’l ripose in cielo,
               3Ond’io son qui com’uom cieco rimaso,
          Spargea per l’aere il dolce estivo gelo,
               Che con la bianca amica di Titone
               6Suol de’ sogni confusi torre il velo;
          Quando donna sembiante alla stagione,
               Di gemma orïentali incoronata,
               9Mosse ver me da mille altre corone:
          E quella man, già tanto desïata,
               A me parlando e sospirando porse,
               12Ond’eterna dolcezza al cor m’è nata:
          ‘ Riconosci colei che prima torse
               I passi luoi dal pubblico vïaggio,
               15Come ’l cor giovenil di lei s’accorse? ’
          Così pensosa in atto umile e saggio
               S’assise, e seder femmi in una riva
               18La qual ombrava un bel lauro ed un faggio

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