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FRANCESCO PETRARCA
Poi col ciglio men torbido e men fosco,
Disse: ‘ Tu che la bella schiera guidi,
63Pur non sentisti mai mio duro tosco.
Se del consiglio mio punto ti fidi,
Che sforzar posso, egli è pur il migliore
66Fuggir vecchiezza e suoi molti fastidi.
I’ son disposta farti un tal onore,
Qual altrui far non soglio, e che tu passi
69Senza paura e senz’alcun dolore.
Come piace al Signor che ’n cielo stassi,
Ed indi regge e tempra l’universo;
72Farai di me quel che degli altri fassi.’
Così rispose; ed ecco da traverso
Piena di morti tutta la campagna,
75Che comprender nol può prosa nè verso.
Da India, dal Catai, Marrocco e Spagna
II mezzo avea già pieno e le pendici
78Per molti tempi quella turba magna.
Ivi eran quei che fur detti felici,
Pontefici, Regnanti, Imperadori;
81Or sono ignudi, miseri e mendici.
U’ son or le ricchezze? u’ son gli onori
E le gemme e gli scettri e le corone,
84Le mitre con purpurei colori?
Miser chi speme in cosa mortal pone!
(Ma chi non ve la pone?) e s’ei si trova
87Alla line ingannato, è ben ragione.
O ciechi, il tanto affaticar che giova?
Tutti tornate alla gran madre antica;
90E ’l nome vostro appena si ritrova.
Pur de le mille un’utile fatica,
Che non sian tutte vanità palesi;
93Chi ’ntende i vostri studj, sì mel dica.
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