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FRANCESCO PETRARCA
E come gentil core onor acquista,
Così venia quella brigata allegra;
30Quand’io vidi un’insegna oscura e trista;
Ed una donna involta in veste negra,
Con un furor qual lo non so se mai
33Al tempo de’ Giganti fosse a Flegra,
Si mosse, e disse: ‘ O tu, Donna, che vai
Di gioventute e di bellezze altera,
36E di tua vita il termine non sai;
I’ son colei che sì importuna e fera
Chiamata son da voi, e sorda e cieca,
39Gente a cui si fa notte innanzi sera.
I’ ho condott’al fin la gente Greca
E la Trojana, all’ultimo i Romani.
42Con la mia spada la qual punge e seca;
E popoli altri barbareschi e strani:
E giungendo quand’altri non m’aspetta,
45Ho interrotti mille pensier vani.
Or a voi quand’il viver più diletta
Drizzo ’l mio corso, innanzi che Fortuna
48Nel vostro dolce qualche amaro metta.’
‘ In costor non hai tu ragione alcuna,
Ed in me poca, solo in questa spoglia,
51(Rispose quella che fu nel mondo una);
Altri so che n’arà più di me doglia,
La cui salute dal mio viver pende:
54A me fia grazia che di qui mi scioglia.
Qual è chi ’n cosa nova gli occhi intende,
E vede ond’al principio non s’accorse,
57Sì ch’or si maraviglia, or si riprende.’
Tal si fe’ quella fera, e poi che in forse
Fu stata un poco: ‘ Ben le riconosco,
60Disse, e so quando ’l mio dente le morse,’
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