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FRANCESCO PETRARCA
Che possi e vogli al gran bisogno aitarme,
Non mi lasciare in su l’estremo passo:
Non guardar me, ma chi degnò crearme;
No ’l mio valor, ma l’alta sua sembianza
110Ch’è in me, ti mova a curar d’uom sì basso.
Medusa e l’error mio m’ han fatto un sasso
D’umor vano stillante:
Vergine, tu di sante
Lagrime e pie adempi ’l mio cor lasso;
115Ch’almen l’ultimo pianto sia devoto,
Senza terrestre limo,
Come fu ’l primo non d’insania vòto.
Vergine umana e nemica d’orgoglio,
Del comune principio amor t’induca;
120Miserere d’un cor contrito, umile:
Chè se poca mortal terra caduca
Amar con sì mirabil fede soglio,
Che devrò far di te, cosa gentile?
Se dal mio stato assai misero e vile
125Per le tue man resurgo,
Vergine, i’ sacro e purgo
Al tuo nome e pensieri e ’ngegno e stile,
La lingua e ’l cor, le lagrime e i sospiri.
Scorgimi al miglior guado,
130E prendi in grado i cangiati desiri.
Il dì s’appressa, e non pòte esser lunge,
Sì corre il tempo e vola,
Vergine unica e sola;
E ’l cor or conscïenzia or morte punge.
135Raccomandami al tuo Figliuol, verace
Omo e verace Dio,
Ch’accolga ’l mio spirto ultimo in pace.
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