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FRANCESCO PETRARCA

Sonetti

76 xi
S
E lamentar augelli, o verdi fronde

Mover soavemente a l’aura estiva,
               O roco mormorar di lucid’onde
               4S’ode d’una fiorita e fresca liva,
          Là ’v’io seggia d’amor pensoso, e scriva;
               Lei che ’l ciel ne mostrò, terra n’asconde,
               Veggio et odo et intendo, ch’ancor viva
               8Di sì lontano a’ sospir miei risponde.
          ‘ Deh perchè innanzi ’l tempo ti consume? ’
               Mi dice con pietate: ‘ A che pur versi
               11De gli occhi tristi un doloroso fiume?
          Di me non pianger tu; ch’e’ miei dì fêrsi,
               Morendo, eterni; e nell’eterno lume,
               14Quando mostrai di chiuder, gli occhi apersi.’


77 xii
G
LI occhi di ch’io parlai sì caldamente,

E le braccia e le mani e i piedi e ’l viso
               Che m’avean sì da me stesso diviso
               4E fatto singolar dall’altra gente;
          Le crespe chiome d’or puro lucente
               E ’l lampeggiar dell’angelico riso
               Che solean far in terra un paradiso,
               8Poca polvere son, che nulla sente.
          Ed io pur vivo; onde mi doglio e sdegno,
               Rimaso senza ’l lume ch’amai tanto,
               11In gran fortuna e ’n disarmato legno.
          Or sia qui fine al mio amoroso canto:
               Secca è la vena dell’usato ingegno,
               14E la cetera mia rivolta in pianto.

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