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l’autore ai lettori. | xliii |
o del volgo o dei ristucchi e sazievoli? A questo ragguaglio, il carnefice avrà forse da raccontare cose più vere e più commoventi, e colui che modella in cera un cadavere vincerà per l’effetto il pennello per sin di Tiziano e del Caravaggio.
RAGION POETICA DELLE EROIDE.
Byron pigliando dalle mani de’ romanzieri le opere loro più passionate e fantastiche, ne spremette, per così dire, il succo e ne foggiò la sua poesia. Per ciò raccolse in maggiore sostanza e in minor volume quello che domandano sentimento e melanconia; fece assai più cupe le tinte delle descrizioni e dei caratteri, e crebbe nelle narrazioni l’inaspettato e l’insolito. Alle immagini dette spesso del gigantesco, alle persone del misterioso, agli affetti una continua veemenza. Abolì i trapassi, tagliò fuori le idee intermedie e rappresentò ogni cosa come in iscorcio; e in quell’attitudine che trasceglieva e ponea in veduta, esprimette sempre il massimo dell’azione, il colmo della vitalità e del vigore.
Fu nuova e grande maniera di poetare e alla qualità dei tempi acconcissima; essendo che gli uomini sazj e schifi oggimai del semplice e del naturale desideravano al loro stomaco una nutritura assai condita e aromatizzata, e lor non parea di commoversi fortemente nell’intelletto e nell’animo, qualora non si sentissero agitati da convulsioni e poco meno che provocati al furore e al delirio. D’altro lato, mancando al dì d’oggi o la materia e l’arte appresso il poeta, ovvero le confacenti disposizioni appresso il lettore per far trovare e applaudire una epopea solenne ed eroica, non vi si potea supplire altramente che verseggiando il romanzo, e Byron ciò à fatto in modo inusato e stupendo.