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l’autore ai lettori. | xxxix |
Con tutto ciò, al favellare ordinario de’ trasteverini non mancano certi ornamenti, e può l’arte del poeta ingentilirlo e abbellirlo senza che per ciò compaja spogliato di nativa naturalezza e schiettezza. Gli è vero che non vi s’incontrano que’ modi proverbiali e briosi e quelle locuzioni finissime che sono come fiori spontanei d’una terra benedetta dalle Muse, e che trapiantarli in altro suolo non è fattibile nè ben riuscibile a qualunque industria e fatica umana. Nullameno, il tempo vi va introducendo parecchie frasi popolari e vivaci che l’uso frequente degli scrittori o il conversare delle persone civili à diffuso ed accomunato all’Italia intera. Abbondantissimo è poi di tropi e figure come ogni lingua di popol minuto, e più quella del romano che à svegliatissima fantasia.
Con tali pennelli e con tali mestiche (se è lecito così parlare) tentai nell’Idillio sopranotato di allargare i termini della poesia rusticale, bello e invidiato tesoro del nostro Parnaso. Volli in secondo luogo ritrarre al vero l’indole, gli affetti, le consuetudini e le costumanze della plebe trasteverina non facendo uscire in nulla il componimento dal verosimile, e ponendo in rilievo i pregi singolari di quella gente che à carattere veramente peculiare ed assai spiccato.
Scrivendo di lei nel 1840, io era discosto le mille miglia dal credere che di là a pochi anni ella avrebbe pure col testimonio dei fatti provato all’Europa ch’io non amplificava per nulla il suo sentir generoso e virile e certa sua innata arditezza e magnanimità; e ch’ella darebbe nuova e insigne dimostrazione al mondo di quanto sia tenace e come indelebile e invitta la virtù delle stirpi.