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l’autore ai lettori. | xxxiii |
seggiare extempore il siciliano Giovanni Meli, non tanto perchè dettava egli pure un bel poemetto sulle origini del mondo (atteso che la materia fosse da lui trattata con vena piuttosto bernesca e satirica), ma perchè nelle naturali scienze fu molto erudito. Da prima studiò medicina, poi tenne cattedra di chimica, e mandò alla luce più d’un opuscolo di subbietto sperimentale e filosofico insieme.
IL TASSO A SANT’ONOFRIO.
Le sventure del Tasso pajono crescer di fama e destare maggior pietà, quanto la gentilezza de’ costumi e de’ tempi le fa giudicare più immeritate, e quanto i concetti del principato civile fanno riconoscere odioso e crudele il duca di Ferrara, che piacquesi per lunghi anni di vilipendere quel sacro ingegno e straziare con novo genere di tortura quell’anima tenerissima. Goethe, il poeta massimo della Germania, e Byron, la maggior mente poetica forse che sia apparita nella prima metà di questo nostro secolo, ànno ambedue cantato del Tasso. Io mi dovea dunque dopo costoro serbarmi in silenzio. Se non che, nella vita del gran Torquato àvvi un punto, pienissimo di alto affetto e melanconia, il quale mi piacque di mettere in versi, dappoichè altri l’avea trascurato; e quel punto sono i giorni ultimi ch’egli infermo e languente consumo in Roma nel convento di Sant’Onofrio, quando si con- dusse in quella metropoli per venir coronato sul Campidoglio dell’alloro stesso che avea cerchiato tre secoli innanzi le tempia di Francesco Petrarca. Qual cosa più misera al mondo che in luogo del trionfo desideratissimo veder con gli occhi della mente le proprie esequie, e sentirsi morire in quel dì medesimo che dovea con tarda riparazione cancellare le lunghe ed inique ingiurie degli