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l’autore ai lettori. xxxi


del subbietto menava il poeta ad alzar lo stile e ripetere con Virgilio: Sicelides musa, paulo majora canamus.

ovvero

DELLA COSMOGONIA.

Sempre mi à mosso a maraviglia lo scorgere che in Italia nessuno de’ poeti del nostro secolo abbia sentito o, per lo manco, voluto significare e descrivere le bellezze che quasi dimanderei gigantesche e terribili della Cosmogonia, quali le ci vengono rivelando le scienze fisiche. Io pensai dunque nel 1839 d’entrare in campo non tocco, ponendomi a tratteggiar qualche parte delle origini del nostro globo, giusta le cognizioni e i principj de’ moderni naturalisti. Al presente, mi giunge notizia che il signor Aleardi, fioritissimo ingegno, siesi posto a verseggiare lo stesso téma.

Gli è certo che la natura sembra avere cercato a poco per volta e dopo assai prove e trasmutazioni di sostanze la perfezione massima delle forme altresì esteriori; e alla fine averle prodotte tali che rispondessero a punto a quel sentimento della convenienza, della proporzione e della bellezza che nello spirito nostro à infuso ella stessa; onde poi fossimo capaci di ammirarla perpetuamente e con sempre maggiore estasi di contemplazione. Al che aggiungerò un concetto che reputo vero e non abbastanza notato dagl’ingegni speculativi, e ciò è chę l’uomo sia nato a proseguire e compire l’opera portentosa della formosità, convenienza, armonia e conservazione delle forme sulla faccia del nostro globo; essendo che, tolto lui di mezzo e tolta la sua sapiente industria e fatica, brutte e guaste e poco meno che orrende sareb-