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xxx l’autore ai lettori.


versicciuoli poste in qualche luce quelle modeste, pietose e disconosciute virtù, mi terrẻi, per ciò solo, di aver cavato e frutto ed onore non poco da’ miei letterarj studj.

ISMAELE.

Io non mi spaccio per autore di questo genere d’Idillj. So che in Inghilterra parecchi verseggiatori trattarono subbietti campestri tolti dalle pagine della Bibbia, e taluno in Italia fece il simigliante prima di me. Ma ritraevano essi effettualmente quella bellezza così schietta e candida come solenne e grandiosa della vita pastorale antichissima, e informavano bene la lor fantasia di que’ costumi orientali, tanto singolari e maravigliosi a noi nati in una civiltà decrepita, non che matura? Di ciò daranno giudicio i lettori, se pur faranno paragone de’ miei versi a quelli degli altri. In ogni modo, io non fui del sicuro maleavveduto nella scelta speciale del téma: essendo che l’antichità intera non offre per avventura un personaggio istorico nè più augusto nè più significativo e simbolico di quello di Abramo. Si appuntano in lui le memorie e le tradizioni di tutte le schiatte semitiche; e le tre religioni, ebraica, maomettana e cristiana, ugualmente se l’appropriano. E però a lui si annettono eziandio le gesta terribili e le vittorie e conquiste rapidissime e violentissime de’ Saracini in ogni parte del vecchio mondo. Per simile guisa nel mio Idillio il pensier del poeta incontra una infinita varianza di cose, e tocca la storia di qualche migliaia d’anni, e mescola al dolce e umile suono delle tibie pastorali la visione paurosa delle battaglie, e dal fermarsi a godere la pace interiore d’una tenda patriarcale trapassa ad un tratto a contemplare i destini delle nazioni. Qui, pertanto, la natura medesima