Fu del grembo materno, e vïolento
Emerse il disperato Erebo in terra.
Tu primo il giorno e le purpuree faci
Delle rotanti sfere e la novella
Prole de’ campi, o duce antico e padre
Dell’umana famiglia, e tu l’errante
Per li giovani prati aura contempli :
Quando le rupi e le deserte valli
Precipite l’alpina onda fería
D’inudito fragor; quando gli ameni
Futuri seggi di lodate genti
E di cittadi romorose, ignota
Pace regnava; e gl’inarati colli
Solo e muto ascendea l’aprico raggio
Di Febo e l’aurea Luna. Oh fortunata
Di colpe ignara e di lugubri eventi
Erma terrena sede! Oh quanto affanno
Al gener tuo, padre infelice, e quale
D’amarissimi casi ordine inmenso
Preparano i destini! Ecco di sangue
Gli avari cólti e di fraterno scempio
Furor novello incesta, e le nefande
Ali di morte il divo etere impara.
Trepido, errante il fratricida e l’ombre
Solitarie fuggendo e la secreta
Nelle profonde selve ira de’ venti,
Primo i civili tetti, albergo e regno
Alle macere cure, innalza ; e primo
Il disperato pentimento i ciechi
Mortali egro, anelante, aduna e stringe
Ne’ consorti ricetti ; onde negata
L’improba mano al curvo aratro e vili
Fur gli agresti sudori; ozio le soglie
Scellerate occupò; ne’ corpi inerti
Domo il vigor natio; languide, ignave
Giacquer le menti; e servitù le imbelli
Umane vite, ultimo danno, accolse.