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xviii | l’autore ai lettori. |
Gli altri scioltisti non s’avveggono nemmanco di questa dolce e recondita fonte dell’eleganza; il difetto della quale diverrebbe intollerabile ad ogni lettore, appena fosse educato ed abituato al fine senso della bellezza ritmica; nel modo che è intollerabile ai musici qualche accozzamento di note fuor delle leggi dell’arte loro. Io poi non pervenni subito alla cognizione esatta degli artificj del Caro. Quindi il ritmo de’ primi Inni non fu variato e studiato come ebbi cura di fare più dopo.
RAGION POETICA DEGL’IDILLJ.
Chiunque non voltò mai pagina di questo libro e udì parlare dell’autor suo come d’un freddo o ostinato seguace e mantenitore della scuola classica; certo, a questa parola Idillj, subito gli entrerà in corpo il male dello svogliato e comincerà forte a sbadigliare immaginandosi sotto quel nome le solite pastorellerie e qualche immitazione smorfiosa e sonnifera o del greco Mosco o dello svizzero Gesner. Ma rassicúrati, lettor mio dabbene, chè qui non è ombra di tuttociò; ed io la zampogna di Titiro ò lasciata appesa insieme con la sua lira a quell’albero istesso donde la vide penzolare il Costanzo, or fa tre secoli e più. Sebbene, habent sua fata libelli; ed ò pur sentito celebrare e veduto co’ miei proprj occhj ripubblicare parecchie volte le Canzoni pastorali del Pompei, le più nojose, ammanierate ed arcadiche veramente che fossero potute nascere in Roma sul monte Celio, nel bel mezzo del bosco Parasio e sotto l’innocente custodia dell’innocentissimo Crescimbeni.
Idillj per me vogliono significare poesia che à per subbietto particolare la campestre natura e quegli uomini astratti e meditativi che tuttogiorno la contemplano e quasi la interrogano e con lei ragionano; ovvero, quegli