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l’autore ai lettori. | xi |
che sposasi alla divina Kessedía, e vale a dire il giure eterno e punitivo di Dio congiunto ed unificato con la sua ímmensa misericordia, è immagine vera e sublime, e costituisce grande porzione della morale significazione dei libri ispirati.
In questo Inno mi sono ajutato eziandio di far più visibile la temperanza ed unione intrinseca dell’idea cristiana e della forma greca, e ò desiderato assai che vi comparisse certa mischianza gradevole e insolita tra i colori morbidissimi di Callimaco e le tinte vigorose e splendide sì di Omero e sì della Bibbia. Ò pur voluto che la grandiosità delle immagini e dei concetti sempre si rimanesse nei termini del figurabile, schivando d’immitare gli oltramontani che forzano la fantasia a correre dove non può; come ciò vedesi segnatamente nel Klopstok, la cui macchina sopramondana per soverchia sublimità e astrattezza esce affatto dalla rappresentazione fantastica e diviene incoerente nelle sue parti e affatica il pensiere con la impossibilità d’immaginare le cose che legge. A noi italiani permanga ognora dinanzi agli occhj della mente il vecchio e trito precetto: ut pictura poesis.
Ò nominato Omero e Callimaco. Questi, come tutti gli antichi, ci vinceranno della mano pur sempre e in ogni specie di poesia, per quella purezza di vena, semplicità di dettato, spontaneità e grazia d’ispirazione che loro venne largita immediatamente dalla natura, ed è come il fior primitivo e freschissimo della incipiente civiltà. Invece, ai moderni è fatta abilità di vincere e di sovrapporsi agli antichi per altre disposizioni d’intelletto e di animo, le quali arreca con sè necessariamente il corso di moltissime età e l’accumularsi della scienza e dell’esperienza. Sono fra esse disposizioni da annoverare i cresciuti spedienti dell’arte, la copia e maturità dei pensieri, le squisite analisi dei sentimenti e delle pas-