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ii l’autore ai lettori.


che può tener loro il bacile; l’altro, di fraudare d’ogni gloria coloro i quali oltrepassarono chi più chi meno la detestata mediocrità, e in alcune parti, per lo manco, o del concepire o del significare riuscirono prossimi all’eccellenza. Che se tu levi di mezzo questi secondi premj e questo inferior grado di onore, tu risichi di vedere deserto affatto l’arringo poetico, dovendo gli uomini assennati e mezzanamente verecondi perdere speranza di salire a quell’altissima cima dove uno o due soltanto pervengono in uno o due secoli e forse in più. Per questa corsa, adunque, tanto difficile degli ingegni si segua la saggezza d’Achille, e dopo il figliuolo di Tideo che primo toccò la mêta, abbia Antiloco la bella puledra, abbia Menelao un lebete, e due talenti d’oro Merione.

Ma quando io m’inganni assai grossamente in questi giudicj, non desisto per ciò dal pensiere di discorrere un po’ alla distesa e di sentenziare e dottrinare (come direbbe un saccente) intorno alle mie poesie. Perocchè considero non essere quasi possibile che un uomo dedito agli ameni studj e la cui vita è trascorsa in grande porzione nella meditazione dell’arte di scrivere, non chiuda in mente verun ammaestramento buono nè alcune di quelle avvertenze e di quelle norme e pratiche le quali per li trattati e i libri non si rinvengono: e poniamo pure ch’egli adoperi esattamente come colui che porta il lume dietro e a sè non giova.

Non sarà, pertanto, senza un po’ di profitto a’ giovani letterati la breve storia ch’io narrerò loro del mio (chiamiamolo) sonnambulismo durato per tutti gli anni che è fatto versi, e pel quale io mi davo a credere che io costruivo con essi un’opera bella e durevole. Oh tu, dunque, ti reputavi (interromperà qui taluno) un poeta incompreso, una specie di Chatterton romagnuolo? Perocchè non potevi ignorare la indifferenza del publico nè