Nel suo saldo pensier reggea la virgo. 250Invan più che l’usato a feste, a giochi,
A mestre d’armi, a musiche, a conviti
Lungo tempo s’addier le ville intorno;
E per le piagge apriche e per li boschi
Che frondeggian vicino al penitente 255Ginecèo, risuonò più giorni a vuoto
Il corno della caccia. Attraversando
Le folte macchie e i poggi attorneggiando
Sopra agili destrier giva una turba
Di garzonetti, chi perito il volo 260A regger de’ falconi e chi prescelto
De’ molossi a instigar la rabbia e il morso,
Chi d’arbalestre e di zagaglie a trarre
Subiti colpi. L’annitrir dei caldi
Corsieri, lo stormir della foresta, 265Le trombe, i gridi, il plauso a gran distanza
Ferian l’orecchio e del romito albergo
La quiete rompean: poi quando il sole
Cerca l’occaso e a quei silenti claustri
D’ultimo raggio percuotea l’acute 270Finestre effigïate a color mille,
Fra i platani frondosi ond’era cinto
Il monistero, comparia seletto
Un giovine real di vigorosa,
Fresca avvenenza e con un misto in volto 275Di fierezza e d’amor soave piglio;
Sul ben frenato corridor sedeva
Eretto, e in modi graziosi e alteri
Il biondo capo ad or ad or volgea,
Procacciando senoprir col mobil guardo 280Entro il devoto ostello alcun sembiante
Da lui diletto: ma non passa al cuore
Di Geltrude oggi più forma terrena,
Poichè tutto il segnår di loro stampa
E di lor fuoco le bellezze eterne. 285Salve, beata; non è vol d’ingegno,
O di favella che al concetto arrivi