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inni sacri. 27

La nobil madre e accelerando mosse
Al femmineo cenobio. Entro al capace
Atrio e le logge a più color distinte
140E a fin lavoro di moresco intaglio
Scolpite, lampeggiò schiera d’armati
Suoi siniscalchi e giovani donzelli
Con vergate divise e d’or gran fregi.
Al subito apparir della regale
145Matrona, incontro le si fêr cortesi
Le caste solitarie, avvolte in bianchi
Diffusi veli; ma seguia cammino
Poco attenta di lor l’altera donna,
Ed in secreto con la dolce figlia
150Si restrinse e le disse. — O del mio sangue
Parte diletta, o figlia unica amata,
Ch’io del mio sen nadriva e carezzando
E baciando addormia sovente in culla;
Una odïosa fama erra ed afferma
155Di te quel che temere unqua non volli,
Nè credo ancor che a temer s’abbia. Adunque
Fuggirai tu da queste braccia? E piena
D’etade come son, farai deserta
Di te la vita mia? Fra vili schiatte
160La possanza e il valor del nome nostro
Cadrà disperso? Coprirai di muta
Squallidezza la tua patria magione,
L’alta magion dei Brabanzesi? Otèno
Che baronaggio antico è del tuo sangue,
165E Lando che t’udia vagire infante,
Pur del dubbio s’accora, e ne van meste
Quante à guerriere plebi il suol ferace
Ch’è dal Varo precipite alle fredde
Acque di Loira, perocchè son tutte
170Al voler di colui del quale, o dolce
Figlia, t’ingenerai.1 Certo non dietti
Il ciel rare virtudi e sì veloce

  1. Vedi le Note a pag. 462.