D’un ameno mirteto, or in muscosa 100Gelida grotta, dove un piccol fonte
Zampillando piovea dai rotti selci.
Ivi partir con l’antro i suoi pensieri
Godeva insomma, avea d’infante nulla
Fuor che tempo e sembianza: onde mal paga 105Di sue splendide case e ancor d’etade
Novella, d’abitar prese consiglio
Per entro i claustri del silenzio amici,
Fra pie donzelle, e vi si ascose al modo
Che in sul giorno talora il più vezzoso 110Astro veggiamo, in ciel comparso appena,
D’una rosata nuvoletta in grembo
Penetrare e vanir. — Fra corto spazio
Qui degli anni l’aprile al chiaro viso
Accrebbe e alle tornite agili membra 115Una si vereconda, una si schietta
Leggiadria, che il parlar vince d’assai.
Molti lei desïavano scettrati
Prenci e garzoni di beltà famosi,
Perchè a scettrati prenci e a bei garzoni 120Della sua venustà corso era grido,
E del senno canuto in pargoletta
Tenera fronte a gran stupor racchiuso.
A celarla a tutt’uomo ombra non valse
D’eremitiche mura e il più secreto 125Recinto degli altar, chè troppo lungi
Invia la grazia giovanil suo lume,
Se a virtù l’accompagna, e spesso indarno
Le vaste arene d’oceàn profondo
La conchiglia eritrèa copron gelose. 130Ella però d’ogni mortal connubio
Alteramente schiva, i giorni e l’ore
Delle superne sponsalizie affretta;
E all’infule sospira e al venerando
Diadema che insegnar debbe alle genti 135Come fatta è celeste e il gran mistero
D’amor s’adempie. — Sbigottì tal nuova