Ma fia degno narrar come schiudea,
Di gran sangue germoglio, al sol le luci?
Come in argentea culla e in ben trapunte
Seriche fasce sotto i larghi tetti 65Si giacque e ne gioir l’austrasie terre,
Conesso la real valle di Schelda?
Come d’Otèno le superbe torri
Raggiâr d’armi e d’insegne, e le dorate
Gotiche sale risuonâr del canto 70De’ trovatori che augural sirventa
Sciogliean sull’arpe? Questi pregi un riso
Son di labil ventura, e non li guarda
L’occhio del nume: di Geltrude al core
Salirà più diletto assai quel carme 75Il qual dirà come con lingua appena
Scompagnata dal latte incliti sensi
D’onore profferiva, onde le genti
Prese di dolce maraviglia spesso
L’uno a l’altro dicean: di tal fanciulla 80Noi vedrem riuscir cose divine.
Fuor di costume puerile ingrati
L’erano i giuochi, e non prendea diletto
A gir cantando con le ninfe a schiera,
O d’un gaio levrier le snelle piante 85Sciogliere al corso, o lungo un mobil rivo
Intesser ghirlandette, avvolger balli,
O simil ludo. Risuonavan sempre
Ne’ paterni castelli argentee trombe
E teneri lïuti, e visto appena 90Da lunge scintillar ferrato usbergo
Di cavaliero, giù chinargli il ponte,
Accoglierlo, onorarlo era il perenne
Uffizio là degli ospitali alberghi;
Poi del suo nome e del valor far prova 95Seco armeggiando: ma da giostre e prandj,
Da grida popolesche e da tripudio
La fanciulla involavasi, condotta
Dal suo desir solingo or sotto l’ombra