mortale, la dolce estasi del piacere può non essergli del tutto straniera. A destra, ed elevato sopra alcuni gradini, sta il trono del Re de’Feaci, che siede fra la moglie e la figlia. Ulisse ha pure il suo seggio sul trono, ma sta in piedi, appoggiando leggerissimamente sopra la spalla della Regina la mano sinistra, e portando nel volto gl’indizj manifesti della tristezza dell’animo suo. Tale è l’invincibile sentimento che dee provare Ulisse all’aspetto della gioja, e della domestica altrui felicità, quando l’incertezza del destino della propria famiglia, e la lontananza, e gli ostacoli per raggiungerla, gli tengono l’animo inquieto e lacerato. Egli guarda i figli d’Alcinoo, ma pensa a Telemaco suo; s’appoggia ad Arete, ma sospira di riveder Penelope; ed è in piedi, quella essendo la più naturale, la più lusinghiera attitudine per chi vive, con tutto l’animo suo, col suo pensiero, con gli ardenti suoi voti, in luogo diverso da quello in cui si trova. Ci spiegò, con rara e sagace dottrina, il buon Pastor di Zurigo, come conoscere dai diversi delineamenti del volto, e dal movimento degli occhi e delle labbra le passioni diverse dell’animo; ma non meno interpreti certi e fedeli delle affezioni nostre sarebbero i movimenti spontanei della persona, a chi ben ne sapesse gli arcani cenni discernere. Arete osserva la danza de’ suoi figliuoli nel dolce rapimento di una madre veracemente Greca, tenerissima, amorosissima,