precedente, facendoci vedere il giovinetto Polite già steso morto ai piedi dell’ara, e lo scudo e l’asta di Priamo che giacciono a terra, e che furono, l’uno sì mal atto a difenderlo, e l’altra a vendicarlo. Il feroce figlio d’Achille, dal sangue già sparso di nuovo sangue fatto sitibondo, e viepiù infuriato dai rimproveri di Priamo, che non so se più infelice padre, o Re più infelice chiamarlo, l’afferra con la mano sinistra pei capelli, e monta i gradini dell’altare strascinando seco quel venerabile vecchio, che sdrucciolando forse nel sangue ancor tiepido dell’ucciso suo figlio, con passo mal fermo, e tutto tremante, lo siegue. Con la destra mano Pirro tiene alzato un pugnale che già già sta per immergergli nel seno. Oh Dio! quanto quel pugnale, quel Pirro, quel vecchio mi fanno rabbrividire! Ecuba intanto, l’infelice Regina, dall’età sua lunga, e dalle lunghe sciagure indebolita, cade senza speme svenuta nelle mal ferme braccia d’una giovinetta, che con bello sforzo d’amorosa pietà, la sostiene. Dietro del Re la più piccola delle sue figlie, che certo di figliuola dev’essere quella disperata attitudine, genuflessa, con i capelli sparsi, con lo sguardo, e colle braccia disperatamente alzate verso del Cielo, mostra di aver perduta ogni terrena speranza, e dal Cielo solo implorare ajuto nell’imminente pericolo. Una donna dallo stesso lato, facendosi con le mani velo agli occhi per non veder tanta strage, fugge via, ed è seguita da