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che Proserpina le avrebbe dato, di rimettere a sua madre, senza aprirlo, il vasello contenente la bellezza. Psiche, tosto uscita dal cupo regno di Plutone, postasi a sedere sopra uno scoglio, su cui il gentil Canova le stese sotto un morbido tappeto, apri il fatal vasello, donde ne uscì, anzi che la bellezza, un pestifero vapore che la fece cader tramortita. Si vede a lei vicino il violato vaso, aperto e rovesciato a terra. All’annunzio di sì funesto avvenimento, vola Amore in di lei soccorso, la scuote, e la richiama alla vita. Lo Scultore coglie appunto il momento in cui la bella Psiche riavutasi, per vedere donde nasce il fremito che sente d’intorno a sè, e sopra il suo capo specialmente (fremito prodotto dall’agitar dell’ali frettolose d’Amore) getta indietro la sua bella testa, donde scendono a ricche ciocche inanellati i capelli. Essa pressente, essa vede Amore; il quale posto un ginocchio a terra dietro di lei ed incurvatosi alquanto sopra il suo volto, e rimirandola, le fa dolce fascia con la mano sinistra al colmo seno, e con la destra sostegno alla vezzosa sua testa. Egli si mostra nella dolce e soave attitudine di chi richiede un bacio che non gli fu altra volta negato. Essa, non meno lieta nell’accordarglielo, ch’ei nel richiederlo, alza sorridendo le sue bella braccia, e prendendo colle mani la testa di Amore, cerca di meglio accostarne le labbra alle sue labbra.

Certamente le vergini Grazie, e gl’innocenti Amori