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spalle vengono raccolti da una emblematica corona di ulivo, che le circonda il capo. Vestita di una ricca tunica, dagli omeri le cade il peplo grandiosissimamente ripiegato, il quale stendendosi per tutta la persona le riveste sì anche le braccia, che accresce il rispetto con cui essa tiene l’urna contenente le ceneri dell’estinta sua amica. Queste ampie vesti che la ricuoprono, un emblema a me rappresentano di quella candida modestia, con cui le tante sue virtù, indarno però, di occultar tentava quell’egregia Donna. La sommità dell’urna serve di appoggio all’estremità di due belle ghirlande di fiori, dei puri fiori, che, con idea profondamente morale e religiosa, al doppio ufficio furono destinati di ornare il palpitante seno delle vergini spose, e il muto orror delle tombe. Scendono queste, e passano con grazia e con naturalezza per le braccia di due giovani Sacerdotesse, e cadono loro fino al ginocchio. Precede l’una, e l’altra siegue la Virtù. Arrivata al limitare della tomba la più giovinetta, che volge interamente il dorso allo spettatore, sta nel punto, piegando dolcemente il suo corpicciuolo, d’inoltrarvi il piede sinistro, quasi arretrandolo, pel naturale ribrezzo che sentir deve una fanciulla tristamente commossa nel punto d’entrare in un sepolcro. Onde illuminare a sè medesima l’oscurità di quel tetro sentiero, essa abbassa alquanto la facella che ha in mano e la testa per meglio