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ghirlanda di rose gli scende dalle spalle, e va cadendo ad orna re la parte superiore della colonna medesima. In faccia al busto sopra un ben tornito sgabello, sedente e piangente, si vede una bella e fresca giovinetta, con tanta soavità e con tanta dolcezza atteggiata, che par che dir gli voglia: io resterò sempre teco. Una doppia veste Greca la ricuopre; con la mano sinistra ne raccoglie un lembo, e con quello s’asciuga gli occhi lagrimosi. La destra è languidamente abbandonata lungo l’anca. Questa amabile giovinetta si presenta di profilo allo spettatore, tenendosi alquanto ricurva, e nell’attitudine della maggior tristezza. Vicino le sta scritto amicitia. Amicizia! Ah! no, Canova, questo pur dolce e santo nome tutto qui non dice abbastanza: sì belle e soavi forme in terra non rivestì essa giammai. Del tuo bel cuore quest’amicizia è figlia; tu senti come scolpisci!