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velo, ed hanno i capelli graziosamente annodati, e divisi in mille e mille anella ondeggianti. Marte spettatore del ballo, è mollemente seduto in qualche distanza, e tiene appoggiati i piedi sopra d’uno sgabello. Nudo le ben tornite membra, ove nè vene nè muscoli eccedono, un elmetto gli ricuopre la testa, ed una semplice ghirlanda di fiori il mezzo della persona. Non è già qui il Gradivo, ferocemente atteggiato coll’ira e col terrore al fianco; ma è lieto nel sembiante, con un grazioso Amorino che a lui s’appoggia, e guarda con piacevole ed innocente sorpresa quella stessa Venere, che, col sorriso malizioso d’un cupido amante riamato, Marte riguarda. Le due Grazie tengono l’una nella destra e l’altra nella sinistra mano sospesa una bella ghirlanda di fiori che stanno per riporre a Venere sul capo. Essa di Marte solo occupata, rivolge a lui tenero lo sguardo con un sorriso celeste, che non ha di umano che l’immensa voluttà che respira; mentre che un gentile Amorino con fanciullesco trastullo, postasi sopra le picciole spalle la grande spada di Marte, fa pure uno sforzo per alzar la testa, ed ammirare il ballo. Con faci accese nelle mani, due altri Amorini danzando essi pure, rivolgono indietro la testa per vedere queste tre deliziose figure, che toccano appena la terra con un sol piede, ed hanno l’altro slanciato con tanta animata leggiadrìa, che di solo marmo e scarpello opera quella non crederesti, ma di