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volto con ambe le mani e con un lembo della veste: l’altro tiene una mano sopra dell’altra, e tutte due abbandonate sopra le proprie ginocchia. Due altri meno attempati guardano Socrate, alzando uno le mani in atto di meraviglia grande, e l’altro con ambe stringendo un bastone, ed appoggiandovi sopra mestissimamente la faccia. Tutti dimostrano di compiangere la fine di un sì grand’uomo; e i loro ingrati concittadini forse più ancora compiangono, che abbreviarono sacrileghi una vita, della quale anzi chieder ne doveano riverenti al Cielo la prolungazione. Un filosofo di età provetta, con quella soavità che consiglia l’affetto ed il dolore, priega un giovinetto, che alla sua profonda afflizione lo crederei volentieri l’amoroso Lamprocleo, a togliersi da quel luogo funesto; già qui, gli dice, vedi, ormai tutto per sempre è perduto!