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4.2 - Stime di tendenza centrale 33


dendo ad un intervallo multiplo opportuno del più piccolo rappresentabile discusso sopra.

Anziché costruire l’istogramma riportandovi un risultato per volta, si possono contare prima le frequenze in ciascuna classe e disegnare sopra ognuna di esse un rettangolo avente area corrispondente alla frequenza ivi osservata. L’area dell’istogramma sopra ad un qualsiasi intervallo è proporzionale alla frequenza assoluta con cui si è osservato un valore che cade entro di esso; uguale, se si assume come unità di misura per le aree quella del rettangolo di altezza unitaria. L’area totale sottesa dall’istogramma è, sempre rispetto a tale unità, pari al numero di osservazioni .

Un’altra rappresentazione, che è poco usata ma vantaggiosa perché non richiede la previa (e in qualche misura arbitraria) definizione delle classi di frequenza, è quella della frequenza cumulativa, assoluta o relativa. Essa è definita, per ogni valore dell’ascissa , dal numero (assoluto o relativo) di volte per cui il risultato della misura è stato minore o uguale a : si tratta dunque di una funzione monotona non decrescente con uno scalino pari rispettivamente ad 1 o a in corrispondenza di ognuno degli valori osservati. Risulta inoltre


4.2 Stime di tendenza centrale

In presenza di valori osservati di una grandezza fisica (che non siano tutti coincidenti), si pone il problema di definire un algoritmo che fornisca la stima migliore del valore vero della grandezza osservata; cioè di determinare quale, tra le infinite funzioni dei dati, ha la maggiore probabilità di darci il valore vero.

Ora, se supponiamo di avere eliminato tutti gli errori sistematici, è intuitivo come il valore di tale stima debba corrispondere ad una ascissa in posizione centrale rispetto alla distribuzione dei valori osservati; sappiamo infatti che gli errori casuali hanno uguale probabilità di presentarsi in difetto ed in eccesso rispetto al valore vero e, se il numero di misure è sufficientemente elevato, ci aspettiamo (sulla base della legge dei grandi numeri) che la distribuzione effettiva delle frequenze non si discosti troppo da quella teorica delle probabilità. Dunque ci si attende che i valori osservati si distribuiscano simmetricamente rispetto al valore vero.