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mandarli fuora di Velletri. Questo era un male, che si faceva nella gola, d'humore falso, che caggionava dentro una Pustula grande quanto una grossa amandola, et anco quanto una ghianda, ove cadendo l'affluenza dell'humore, dava impedimento à poveri fanciulli per qualsivoglia sorte d'alimento, ma più à quelli, che col vigor delle forze non potevano far resistenza al male con gargarismi, et altri rimedij da nostri dottissimi Medici applicati.
L'istesso pietoso Iddio hà adoprato con questa Città anco il flagello della Fame, come credo sperimentasse nell'Anno del Signore D.XXXIX. al tempo di Papa Vigilio quando per l'Italia fù tal Carestia, e Fame, che le genti per non morire, mangiavano le carni humane, cosi narra il Palmieri per parer di Datio Arcivescovo di Milano, Fames (dice egli) per Italiam adeo ingens, ut membra humana comederentur. Nel D.CXIII. essendo Pontefice S.Gregorio Magno; nel DC.IV. ultimo Anno del medesimo S.Pontefice, quando frumenti, et vini aegestas pene per Orbem, ac in Italia maxime, scrive l'istesso; nel DCCC.LXXXIII. ultimo Anno di Papa Giovanni Ottavo; nel M.CCC.XLVI. al tempo di Papa Clemente Sesto. Ma specialmente lo sperimentò questa Città nel M.D.V. essendo Pontefice Giulio Secondo, che fù grandissima Carestia in Italia, e particolarmente in Velletri, dove, come hò letto nel nostro Archivio, si vendeva la decina del Pane sette Carlini, che veniva à pagarse 26. Quattrini la libra, et il Rubio del Grano à raggione di trentadue, in trentacinque Scudi. Nel M.D.XCI. finalmente si sperimentò la fame, se bene non così grande; perchè il Grano si pagava vinticinque, anzi più, Scudi; e li nostri Cittadini Deputati con la loro diligenza, e vigilanza remediarono in parte, con la compra di grano forastiero fatta con qualche violenza, che dà Padroni fù difesa, e da' Ministri comportata.
Con Terremoti ancora hà voluto la mano giusta de Dio mortificar questa Città, ma non ne trovo espressa memoria, se non quanto ne scrive Livio, il quale narra, che nel tempo della Guerra di Cartagine, sotto il Consolato di Marco Servilio Gemino, e di Tito Claudio Nerone, fù in Velletri un Terremoto assai stravagante, non solamente