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ego sim solus, e non sit alius Deus praeter me, da cui dipende ogni bene, et ogni male, non di colpa, ma di pena, Ego occidam, et ego vivere faciam, percutiam, et ego sanapo; e perciò tutti li flagelli, tanto da Hebrei, quanto da Gentili ricevuti, sono stati, ò castighi di sdegno, ò percosse d'amore, dependenti solamente dalla mano Divina, acciò allontanate le genti da' loro favolosi Numi, aprissero gl'occhi à ricevere il chiaro lume della santa Fede. Questo hanno sperimentato li nostri Cittadini, acciò pentiti de' passati falli, e commessi errori, adorassero il vero Iddio nostro Creatore, e Redentore; ne v'è stata sorte di flagelli, con i quali, in diversi tempi, e più volte non habbia provato, ò lo sdegno ò l'amore di S.D. Maestà. Io non voglio in questo luogo far mentione delle Guerre, perchè vi vorrebbe altro volume; havendo questa nostra Città bellicosa, e pur troppo fiera, guerreggiato anticamente contro Romani, come s'è detto di sopra, et altri Popoli confinanti, in tempo, che non haveva il vero lume della fede, e poi ancora guerreggiato tanto tempo con gl'istessi sotto diversi Ponteficati. Lasciando le Guerre fatte contro Ladislao Rè di Napoli, contro Honorato Caetano Conte di Fondi, e suoi antecessori, contro i Signori Colonnesi, Conti, Savelli, Annibali, et altri Prencipi convicini; delle quali Guerre sono scritture autentiche nella Cancelleria del Magistrato, oltre alle Bolle de' Pontefici di sopra accennate. Trattarò de gl'altri Dardi scoccati dal Braccio Divino, e particolarmente della Peste, che molto hà travagliata, per non dir quasi destrutta questa nostra Città.
La prima stragge di Peste in Velletri, fù (ch'altre prima da Scrittori non sono narrate) nel Consolato 17. Anni CC.LX. dalla fondatione di Roma, essendo Consoli Tito Geganio, e Publio Minutio, e fù così atroce questo flagello, che fece quasi restar la Città priva de' suoi Cittadini, come registra Livio, il quale scrive. Ni Volscos iam moventes Arma, Pestilentiae ingens invasisset, ex Clade conterritis hostium animis, ut etiam nisi eam remississet, terrore, aliquo tenerentur, et Velitris auxerunt numerum Colonorum Romani, et Norbae in Montes novam Coloniam miserunt. Dalle quali parole si doverà argomentare la caggione,