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[Anche prima di oggi piú volte postavi attenzione mi sono maravigliato1 e forse non cesserò mai di rimanerne stupito, che, pur essendo la Grecia sotto il medesimo cielo e i Greci tutti essendo al medesimo modo allevati, ci sia avvenuto che non abbiamo poi conformità di costumi. E però, o Policle2, io che da tempo considero l’umana natura, e sono oggi al novantanovesimo anno di vita e ho avuto dimestichezza di molti e diversi caratteri e con molta perspicuità ho studiato i virtuosi e i viziosi, credetti che per appunto dovessi descrivere le consuetudini che gli uni e gli altri osservano nella vita. Ti esporrà, adunque, particolarmente quante sono le specie dei costumi ad essi pertinenti e in che modo essi si comportino, giacché penso, o Policle, che i nostri figliuoli diverranno migliori, se saranno loro lasciate coteste memorie, ed essi proponendoseli a modelli preferiranno di accompagnarsi e vivere coi meglio educati per non esserne da meno.

Io imprenderò ormai a trattarne, ma è compito tuo segrarmi e vedere se dico bene. Lasciando di scrivere un proemio3 e di dire molte cose intorno al soggetto, comincerò a discorrere di quelli che sono gli zelanti della falsità, e prenderò dunque le mosse dalla falsità e la definirà, e cosí poi descriverò l’uomo falso, chi egli sia e come si comporti. E anche gli altri caratteri, invero, cercherò di render evidenti a uno a uno, come mi sono proposto di fare].


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  1. Giorgio Pasquali ha dimostrato con brillante chiarezza che l’autore della prefazione è un falsario di terz’ordine, il quale architetta periodi macchinosi, disseminando particelle a capriccio, adoprendo vocaboli e espressioni poco intelligibili, e dandosi quell’aria di vecchio e di esperto che è propria di chi vuole introdurre nella scuola libri destinati a insegnare elementi di una disciplina piú o