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il filosofo teofrasto

«Rettorica ad Erennio», e che presenta tratti felicissimi di artistico rilievo accanto ad altri che sono fiacchi per abbondanza retorica.

L’autore di quest’opera falsamente attribuita a Cicerone scrive per uno scolaro il quale dovrebbe poi cimentarsi in competizioni oratorie, e però gli propone modelli di prosa, e, nel nostro caso specifico, gli mette dinanzi un esempio della notatio, altrimenti detta notatio morum, o anche imago morum, corrispondentemente al greco charasterismós ed eicomismós. Cicerone parla apertamente delle cosiddette morum definitiones, e Seneca accennerà ai «contrassegni morali», ai signis ac notis morum, per poi chiarire in una lettera al suo Lucilio che sarebbe utile una definizione e descrizione dei singoli costumi: utilem futuram esse descriptionem cuiusque viriutis, soggiungendo che hanc Posidonius aetiologiam vocat, quidam characierismon appellant signa cuiusque virtutis et viti ac notas reddentem quibus inter se similia discriminentur. E dirà che cotesto definire e descrivere ha la medesima importanza che l’ammaestrare, giacché chi ammaestra afferma quale debb’essere l’aspetto morale di un uomo il quale voglia mostrarsi moderato, ma chi descrive rappresenta al vivo il moderato e temperante come un uomo che fa determinate cose e da altre invece si astiene; e insomma il primo praecepta viriutis dat, il secondo ne offre un exemplar. Noi siamo dinanzi a un compromesso tra l’etica e la retorica, e dobbiamo in verità concluderne che tal compromesso era già in atto al tempo di Cicerone e dopo Cicerone, allora che Plutarco di Cheronea redigeva i suoi opuscoli sulla garrulità, sull’adulazione e su altri difetti e vizi.

La descrizione dell’ostentator pecuniosus che si legge nella «Rettorica ad Erennio» vuol essere prosa d’arte, e ci mostra un uomo che ostenta d’essere ricco senza esserlo, e che appoggia la mano sinistra al mento e crede di potere offuscare la vista altrui col biancore della sua gemma e lo splendore dell’oro: cum vero sinistra mentum sublevat existimat se gemmae nitore et auri splendore aspectus omnium perstringere. Grida forte al servo, d’accordo col servo, cose che tutti possano sentire e che dovrebbero essere le prove delle sue ricchezze; e se gli capita d’incontrare gente


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