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la fortuna di un libro

ab angore. Neque enim omnes anxii anguniur aliquando, neque anxii semper anguntur. Ut inter ebrietatem et ebriositatem differt: così scrive, per citarne un esempio solo, Cicerone; e il Tommaseo commenta nel Dizionario dei Sinonimi: «l’iracondo insomma denota l’abito vizioso, irato l’atto», adducendo questo passo del Buti: «gl’iracondi mostrano nell’abito del volto lo vizio».

«Il morbo è generale, il vizio può essere in una parte», soggiunge Tommaseo; e cita, sempre dalle «Tusculane», questo luogo di Cicerone: morbum appellant totius corporis corruptionem... vitium cum partes corporis inter se dissident, con accanto quest’altro di Celio Sabino che leggesi in Aulo Gellio: cui morbus est is etiam vitiosus est, neque id tamen contra fit. Potest enim qui vitiosus est non morbosus esse, ut balbus et alypus vitiosi magis quam morbosi sunt. Et equus mordax aut calcitro vitiosus non morbosus est, giacché ci sono viziature organiche le quali son morbi, ma non tutti però i vizii organici sono malattie. E dunque intendiamo come fosse aperto anche in Cicerone l’interesse per problemi dell’etica descrittiva, che le sue occupazioni forensi quotidianamente gli presentavano sempre nuovi e diversi: a tal punto che nel «De oratore» egli si abbandona al piacere di descriverci l’homo ineptus come l’uomo che non ha il senso dell’opportunità e parla assai e fa mostra di sé e non ha contezza delle cose e degli uomini coi quali parla, e che insomma è scomposto ed eccessivo, osservando alla fine che, pur essendo piena di cosiffatti viziosi la civilissima gente greca, in greco non c’è nessun vocabolo che definisca quel vizio così bene come in latino. Quem enim nos ineptum vocamus, is mihi videtur ab hoc nomen habere ductum quod non sit apius, idque in sermonis nostri consuetudine perlate patet. Nam qui aut tempus quid postulet non videt aut plura loquitur, aut se ostentat, aut eorum quibuscum est vel dignitatis vel commodi rationem non habet, aut denique in aliquo genere aut inconcinmnus aut multus est îs ineptus esse dicitur. Hoc vitio cumulata est eruditissima illa Graecorum natio; itaque quod vim huius mali non vident ne nomen quidem ei vitio imposuerunt. Ut enim quaeras omnia, quomodo Graeci ineptum appellent, non reperies.

Non è da credere però che Cicerone sia stato il primo a occu-


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