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la fortuna di un libro |
merita di esser mentovato quel che si legge in un antico sentenziario della Biblioteca vaticana: «il filosofo Aristone diceva che i ricchi e gli avari sono simili ai muli, i quali portano oro e fieno e però mangiano paglia; e diceva anche che il popolo è una bestia policefala».
Vogliate o no, ci troviamo dinanzi a un filosofo e scrittore che scopre, non dico, le nudità ma fin gli scheletri delle cose umane, e che non si può dire che sia un imitatore di Teofrasto, ma forse il solo degli antichi e dei moderni che abbia eguagliato, se non superato, Teofrasto. Ed è in ogni modo certo che quando Plutarco vorrà descriverci quale debba essere il cittadino dabbene e come debba egli agire e comportarsi, riecheggerà in una prosa, tutt’affatto diversa naturalmente, immagini e argomenti di Teofrasto e di Aristone: «l’uomo dabbene non sarà un insolente uomo ed odioso, e non sarà il saggio un ostinato che cammini per la città a tutti inviso, ma sarà anzitutto tale che ognuno possa parlargli e avvicinarlo, e la sua casa sarà aperta a tutti come un asilo dove possa rifugiarsi il bisognevole... e non si mostrerà giammai fastidioso al bagno per la moltitudine dei servi che gli è dintorno e per i posti che egli occupa nei pubblici spettacoli, e neppur per quei segni che possano per ricchezza e lusso farlo oggetto di invidia...». In verità, chi volesse, potrebbe qui, a questo punto, ricordarsi degli ultimi libri della «Repubblica» di Platone, della descrizione del vanitoso in Platone: che è per appunto il primo esempio di un vero e proprio carattere rappresentato allo scopo di dimostrare e mostrare che gli uomini corrispondono ai tempi; e fu forse come già per Teofrasto anche per Aristone incentivo a descrivere gli uomini quali essi sono nella realtà triste e lieta della loro natura e indole. E Cicerone non dirà egli pure che col mutar dei tempi mutano anche gli uffizi della vita civile? Cum tempora commutantur, commutatur officium, et non semper est idem.
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«C'è di Orazio la diciottesima epistola del primo libro indirizzata a quel medesimo Lollio Massimo al quale è dedicata la se-
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