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il filosofo teofrasto

plici nomi, ma dice Fedro il bello, e Lisia il sapiente; e usa parole ambigue: brav’uomo, dolce, semplice, bennato, valoroso. E mette in mostra opinioni sue come piene di saggezza, attribuendole ad altri, a quel modo che Socrate le attribuiva ad Aspasia e ad Iscomaco...

«...E, se capita insieme con gente, mostra di rimaner colpito e ammirato dinanzi alla bellezza e alla posizione sociale e intelligenza di chi gli siede accanto, e, invitato a consiglio, fa il timido e dice che le più piccole quistioni gli sembrano difficili, e, se uno gli ride in faccia, Hai ragione, dice, di disprezzarmi, pur così giovane come sei, ché mi dispregio da me; e fossi giovane e non vecchio, per potermi mettere ai tuoi ordini; e, se qualcuno dei presenti avendo parlato, quell’altro dica apertamente: Ma tu perché parli?, egli allora, alzate le mani al cielo, esclama: Oh! come hai capito subito tu, ma io sono uno stupido e lento e di difficile comprendonio. E sta a sentire attentamente a bocca aperta chi parla con lui, e poi fa smorfie di sottecchi e cenni ad altri, e qualche volta sghignazza; ed è capace di dire anche a persone con le quali gli capita percaso di conversare: Chiarifemi voi le mie ignoranze e le altre insufficienze, amici mici, e non mi lasciate far brutte figure; e, Non mi vorrete spiegare i successi di Tizio, affinché mi congratuli con lui, e, se ne sarò capace, lo imiti? Ma che occorre dir più? Raccogliendo tutti i detti memorabili di Socrate... gli sono simili quegli che ha poca stima degli altri, e colui che non ne ha nessuna e tendono al medesimo scopo anche essi, differendo soltanto per minore o maggiore intensità in calunniare il prossimo. Difatti, chi ha scarsa stima degli altri fa apparire gli assenti da meno di quel che effettivamente essi valgano; chi invece non ne ha nessuna stima, li fa apparire uomini da nulla. Infine, ce n’è di costoro che qualche volta mettono in mostra la propria prestanza, o di quelli che essi stimano; e altra volta, invece, fanno scempio del prestigio altrui, così che anche i sopraddetti sono superbi. E però è naturale che Aristone dica a causa della superbia si accompagnano ad essi le odiosità e qualche cosa di più grave della calunnia, del malocchio e dell’invidia. Pertanto, noi chiuderemo questo libro, e gliene aggiungeremo di séguito un altro sugli altri vizi, dei li crediamo opportuno far parola».


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