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il filosofo teofrasto

sofi, ma oratori e scienziati, e poeti e commediografi e politici. Cicerone poteva ben dire che Demetrio di Faléro era uscito al sole e alla polvere degli accampamenti non dalla tenda dei soldati, ma dalla scuola di Teofrasto: processerat enim in solem et pulverem non ut e militari tabernaculo, set ut e Theophrasto doctissimi hominis umbraculis; e che da Teofrasto aveva appreso ad essere disputator subtilis, orator parum vehemens dulcis tamen, così che, pur parlando pacatamente, il suo discorso ei lo costellava di traslati e di parole trasportate di senso, cuius oratio dum sedate placidegue labitur, tum illustrant cam, quasi stellae quaedam, trastata verba alque immutata. E infatti da un suo frammento risulta che in un’orazione egli aggrediva Cràtero di Macedonia, rappresentandolo «seduto sur una seggiola d’oro in alto e avvolto in una preziosa veste di porpora ricevere con alterigia le ambascerie dei Greci».

Chi cita nell’originale greco il frammento aggiunge a commento che Demetrio descriveva il carattere altezzoso di Critero, e però ci fa correre alla memoria le orazioni che un altro discepolo di Teofrasto pronunziò contro Demostene e contro Aristogitone e Filocle: quel Dinarco di Corinto, il quale si stabilì in Atene nel tempo che Alessandro partiva per l’Asia, e vi divenne uno dei capi del partito macedonico. Se notizie di ragguardevole origine lo dimostrano scolaro assai caro a Teofrasto, le sue tre orazioni ce lo rivelano lettore e imitatore dei «Caratteri» a tal punto che più volte ripeterà frasi e immagini dell’operetta teofrastea, o che descriva Demostene come un avaro, e ce lo rappresenti mentre «andando attorno per la piazza contava frottole», e dica di lui che «ordina agli altri di prender l’armi, mentr’egli poi abbandona il suo posto» proprio così come in Teofrasto agisce il codardo; o che racconti di Aristogitone le medesime turpitudini che Teofrasto attribuisce allo spudorato, che cioè «egli ha passato più tempo in galera che fuori», e che «non ebbe pietà neppur di suo padre il quale pativa la fame».

Evidement il libriccino di Teofrasto era stato letto da Dinarco, a meno che non si voglia immaginare che Dinarco prendesse a lezione appunti così precisi da poter ripetere più tardi


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