questo particolarissimo caso come fresco di polemica sia anche qui il nostro Girolamo e con quanto sarcasmo egli aggredisca l’avversario, quel «Gioviniano che predica a gote enfiate e adopera parole grosse e osa promettere libertà nei cieli, proprio lui che è schiavo dei vizi e della lussuria, cane che ritorna a mangiar quel che ha vomitato», Iovinianum loquentem buccis tumentibus et infilata verba trutinantem, repromittentem in caelis libertatem, cum ipse servus sit vitiorum atque luxuriae, canis revertens ad vomitum suum. Ma, una volta tanto, piace intrattenersi ad ascoltar l’invettiva geronimiana, che è davvero incalzante alla fine e si conclude con aperta violenza: «giacché, se egli, Gioviniano, mena vanto d’esser monaco, e intanto, dopo la cocolla e i piedi nudi e un tozzo di pane e un bicchier d’acqua, si abbandona alle candide vesti e alla toletta, alle dolci bevande e alle carni succulente, ai brodetti di Apicio e di Passano, e perfino ai bagni, alle friggitorie e alle taverne, ebbene allora è manifesto ch’egli preferisce la terra al cielo, i vizi alle virtú, il ventre a Cristo, e scambia la porpora del color suo col regno del cielo. Orsú, cotesto monaco bello, grassotto, cosí lindo e sbiancato, il quale cammina sempre come uno sposo, l’una delle due: o prenda moglie e ci dimostri con le nozze di conservare la sua verginità, o la smetta di contraddirci a parole, quando nel fatto è con noi d'accordo». Il veleno è nella coda: et tamen iste formosus monachus crassus mitidus dealbatus et quasi sponsus semper incedens...
Sembra di leggere ivi descritto uno dei tipi teofrastei, e converrà per la piú breve ritornare al nostro Teofrasto, a quel suo opuscolo sul matrimonio che Girolamo cita contro Gioviniano a conforto della tesi del celibato. «C’è un prezioso libro di Teofrasto sul matrimonio, nel quale egli pone la quistione se il saggio debba o no menar donna; e dopo aver conchiuso che il saggio, sí, può qualche volta contrarre matrimonio a condizione però che la sua donna sia bella, sia bene educata, sia figlia di gente dabbene, ed egli stesso poi abbia buona salute e sia ricco, subito aggiunge: cotali condizioni però si trovano di rado tutte insieme, e dunque il saggio non deve menar donna...». Girolamo scrive: fertur aureolus Theophrasti liber de nuptiis, e c'è da giurare che