frasto è assai più umano e moderno del suo critico d’oggi, il quale, neppure a farlo apposta, s’impania da sé in pregiudizi e regolette davvero ridicoli. Se oggi Teofrasto potesse descrivere nuovi caratteri, scommetto che ne scriverebbe uno bellissimo per rappresentarci la lucianesca figura del saputello, pronto a veder dovunque errori e ripetizioni, e preoccupato di ricostruire un Teofrasto filosofo o un rétore Teofrasto, ma assolutamente lontano dal pensare che Teofrasto in questo suo libriccino è soprattutto un artista.
La prefazione noi la leggeremo tradotta e leggendola ci accorgeremo subito che essa non è di Teofrasto, proprio perché le manca la spigliata e scapigliata disinvoltura della prosa dei «Caratteri»; e anche perché vi si leggono stranissime cose sull’età dell’autore, il quale avrebbe scritto a novantanove anni la sua operetta, mentre è certo che Teofrasto a ottantacinque anni era bell’e morto; e infine perché Teofrasto non ebbe né moglie né figli, e invece l’autore della tronfia premessa afferma di avere scritto il libriccino allo scopo di educare i propri figliuoli e quelli del suo amico Policle. Come abbiamo già avvertito a pagina 32, il proemiatore non s’è neppure accorto che nei «Caratteri» sono descritti soltanto difetti, mentre mancano le virtú corrispondenti; e il suo stile è, come il suo pensiero, sciatto e ridondante, e degno di un bizantino, il quale, per accaparrarsi la fiducia del lettore, dichiara di mettere a servizio dei figli e dei suoi giovani amici la propria esperienza di uomo; e però non si perita di immaginare che Teofrasto sia più vecchio di quel che non fosse in realtà quando abbandonò questa vita, un vecchio di novantanove anni, un centenario, insomma, che prima di morire scriverebbe per il bene del genere umano un libriccino di morale. Simili falsificazioni rivelano un grado assai basso di cultura e convengono all’età tarda, a quel medesimo modo che non le convengono alcune chiuse, se non tutte le chiuse o epiloghi dei «Caratteri»: le quali, chi bene legga, non solo formule che si ripetono da un epilogo all’altro. Talvolta non mancano neppure interpolazioni nel testo dei singoli caratteri e sono da imputare al vizio delle scuole di retorica dove l’autore fu molto studiato e letto e appunto per ciò anche corretto... o corrotto da maestri e scolari che si abbandonavano