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la composizione dei «caratteri» |
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equabilità in ogni affezione ed azione, e che perfino le passioni d’amore, come informa l’Ateneo che abbiamo citato a pag. 7, egli giudicava piacevoli se misurate, ma molestissime se torbide ed esasperanti. Chi mai potrebbe negare che Teofrasto ha sempre preferito la misura e moderazione, a cominciar dalla politica ch’egli nell’Atene de’ tempi suoi sentiva acremente inasprita dagli eccessi della demagogia e del partito oligarchico, e avvilita dall’indifferenza dei piú, i quali si affidavano, incerti, ora all’una ora all’altra fazione?
Noi non possediamo l’opuscolo teofrasteo intitolato La regalità che alcuni attribuiscono vagamente a un Sosibio, ma che più circostanziate notizie dicono da Teofrasto dedicato a re Cassandro; e però non siamo in grado di dire quel ch’egli pensasse sulle condizioni politiche della Grecia, sebbene per altro appaia evidente che in un certo qual modo egli vi si accomodasse alla meglio senza straniarsene col disdegno epicureo, e neppur maledicendole con la mordace e spesso rabbiosa e contumeliosa musoneria di altri filosofi. Le procellose vicende che s’erano abbattute sul mondo greco gli avevano appreso che «la fortuna è sconsiderata e terribile in rapirci quel che noi abbiamo faticato e in sommuovere quel che noi crediamo sia la prosperità, giacché essa non persegue nessuna mèta determinata»; e ne aveva tratto motivo a dubitar che forse il carattere dell’uomo muti col mutar della sua fortuna, sí che gli Stoici polemizzarono con lui biasimandone il crudo realismo. Ma sarebbe ingiustizia se noi l’accusassimo d’essersi assuefatto supinamente a cotesto realismo, e se non riconoscessimo che per l’appunto da esso Teofrasto acquistò coscienza e conoscenza delle cose umane e cercò di indirizzare a più generosi e vasti orizzonti la vacillante morale del secolo. Egli è non tanto un filosofo, quanto un moralista, e la natura propria del suo ingegno non lo porta a porre generali principii e fatti nuovi, ma a trarre dai fatti alcune regole generali architettando in bell’ordine gli elementi dell’umano sapere, e, nel campo specifico della scienza morale, a dimostrar per davvero, notomizzando gli uomini con la freddezza di un chirurgo dell’anima, a dimostrar per davvero che la «mezzanità» aristotelica, la me-