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il filosofo teofrasto

conda delle necessità, adattarvisi. Ed è in ogni caso evidente quel che di coteste sue opere sulla vita beata e sulla politica pensasse Cicerone menzionandole l’una accanto all’altra nel capitolo quarto e quinto dei «Doveri», e affermando, sí, che la ratio teofrastea è più fiacca e comoda di quel che la forza della virtù, la virtutis vis non richiegga, ma concludendo: «serviamoci però di Teofrasto in molti punti, salvo che s’attribuisca alla virtà più consistenza e più gagliardia che questi non le diede».

Theophrastum tamen adhibeamus ad plerague, scrive Cicerone, accettandone quei precetti ai quali in ogni occorrenza si possono conformare le opere della vita, e pronunziando, per cosí dire, una tacita ma eloquente condanna di quel troppo volere ridurre agli ultimi termini le questioni morali, a’ quali non vengono mai nella pratica del vivere. Questi uffizi della vita civile, Teofrasto, conviene pur dirlo, intendeva ben meglio di altri filosofi, assuefatto com’era a credere, secondo gl’insegnamenti della natura, che le cose fossero cose e non ombre e la vita umana destinata ad altro che alla miseria. Si risolve, adunque, che Teofrasto in età di ottantacinque anni, avendola spesa tutta a studiare e scrivere e servire indefessamente alla fama e dato altresí opera a liberar due volte la patria sua dalla tirannide, ridotto come dice il lessicografo Suida all’ultimo della vita per l’assiduità medesima dello scrivere, circondato da forse duemila scolari ch’è quanto dire seguaci e predicatori delle sue dottrine, riverito e magnificato per sapienza da tutta la Grecia, moriva, diciamo così, penitente della gloria. Che è poi quel modo di risolvere e argomentare da Giacomo Leopardi proposto, con le parole da me ripetute, nella sopraccitata operetta, e che tuttavia non sarà da piegare a pessimismo, ma da giudicare come in tutto degno di un animo molto delicato e s’era assuefatto a meditare col metodo che appartiene alle scienze speculative.

L’etica di Teofrasto dipende direttamente da cotesto suo metodo sperimentale e razionalistico. E però direi che gli uomini ei li vedesse come vedeva le piante, e così li catalogasse come catalogava le piante e ogni altro elemento o accidente della natura.


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